Set
12
2011

DANILO GENS RANDONNEUR DOC

 

Danilo Gens è un “randagio” nell’accezione ciclistica del termine. Da un paio d’anni ormai Danilo è un assiduo frequentatore del mondo delle randonnée, manifestazioni amatoriali non agonistiche in cui non c’è classifica, ma solo il rilevamento del tempo impiegato. Si tratta per lo più di prove di lunga distanza, normalmente non meno di 150 km, ma spesso molti, molti di più.

Danilo, 20 giorni fa, ha compiuto un’impresa realizzando il suo sogno ciclistico : portare a termine la Paris Brest Paris, l’olimpiade delle randonnée, forse la più difficile, senza dubbio la più prestigiosa delle “ultracycling”.

Affrontare lunghe distanze con dislivelli importanti, pedalando di giorno e di notte, con il sole e con la pioggia, per ore, rubando brevi momenti per recuperare, richiede una preparazione psicofisica speciale ed una predisposizione naturale non da tutti.

Come ogni randagio che si rispetti, Danilo non ha paura di percorrere tanti chilometri, spesso da solo, per acquisire ed affinare quelle doti di resistenza indispensabili per poter affrontare prove come la PBP.

Quando l’anno passato, a fine stagione, Danilo mi disse che aveva deciso di provare a partecipare alla PBP 2011, sorridendo, gli feci il mio in bocca al lupo. Pochi giorni prima, infatti, avevo letto un articolo in cui si illustrava l’iter di qualificazione per la manifestazione…solo a pensarci mi facevano male le gambe! In realtà ero fortemente convinto che Danilo poteva riuscirci ed il suo percorso di avvicinamento all’appuntamento parigino ha rafforzato la mia idea.

Del risultato agonistico abbiamo già riferito su queste pagine, oggi vorrei invece provare a raccontare, prendendo spunto dalle sue parole, che cosa è la Paris Brest Paris : fatica, emozioni e soprattutto tanti tanti chilometri.

Sì perchè, innanzi tutto, la PBP è una manifestazione ciclistica di estrema difficoltà per la sua lunghezza, quasi 1300 km, per il dislivello superiore agli 8000 m, per la variabilità delle condizioni meteo, per il sonno, per la fame, per la solitudine. Ci vuole una fortissima convinzione nei propri mezzi per provarci, ancor più quando a meno di un mese dal via, durante una corsa in Valle, una buca “maledetta” danneggia irrimediabilmente il telaio della tua bici. Quella bici che avevi imparato a conoscere, che avevi testato in ogni condizione e che ormai era diventata il tuo più fedele alleato in questa avventura.

Ma la PBP è anche un viaggio catartico perchè lungo le strette strade della provincia francese c’è tempo di pensare a tutto e a niente, di giorno, ma soprattutto di notte. Può capitare di pedalare per chilometri da soli, unici compagni la propria “specialissima”, la strada con i suoi rumori e i propri pensieri. La mente vaga per non ascoltare il freddo, la stanchezza, la fame…..un solo riferimento, laggiù in lontananza, la lucina di un altro randagio. La pioggia è di casa da quelle parti, ma pochi chilometri dopo il via, sul far del mattino, fa capolino anche la nebbia a mettere alla prova i ciclisti. Sono loro, con le loro storie, i veri protagonisti di questa ultracycling. Ognuno con il proprio equipaggiamento studiato nei minimi particolari, ognuno con le proprie motivazioni, ognuno con la propria tattica, sia i fedelissimi all’ennesima partecipazione sia i neofiti che devono ancora scoprire i segreti di questa corsa. Basta una banale foratura, come successo a Danilo, a cambiare la propria tabella di marcia.

Le luci di Brest indicano che ci siamo, il traguardo di metà percorso è conquistato, quasi 650 km, tanti, ma la vera PBP comincia adesso…“in corsa ho capito perché l’organizzazione richiede i brevetti di qualificazione, 1300 km non finiscono mai”, sono parole di Danilo che non hanno bisogno di commenti.

Ma la PBP è anche una grande festa popolare. Gli abitanti dei paesi attraversati dalla corsa l’aspettano con trepidazione, per loro è un rito che si ripete ogni 4 anni. Il tifo per i ciclisti è incessante di giorno, ma anche di notte. Ci sono striscioni in ogni località. Applausi ed incitamenti non mancano mai per nessuno: francesi, italiani, olandesi, belgi, americani….I bambini urlano “bon courage!” e ti strappano un sorriso nonostante la fatica.

Il ritorno è tremendamente difficile, le energie sono sempre di meno, ogni controllo parziale è una conquista dal sapore epico. Un piatto di pasta portato da un compagno in vacanza nei dintorni è un regalo quanto mai gradito. Il traguardo dei 1000 km meriterebbe un brindisi, ma non c’è tempo né forza. Ancora Gens : “gli ultimi chilometri sono stati interminabili, mani e braccia facevano male a tal punto da non riuscire più a stringere il manubrio. Le gambe bruciavano, il sedere doleva, i pedali diventavano sempre più pesanti. La testa è stata determinante perchè nei momenti più difficili ho saputo mantenere la lucidità necessaria a non farmi prendere dallo scoramento e a superare l’imprevisto.”

Perché partecipare ad una manifestazione così massacrante? Per prestigio, per curiosità, per migliorare il tempo dell’edizione precedente, per qualcuno può essere, ma di fondo credo che ognuno dei 5200 partenti avesse una profonda motivazione interiore, una sfida con se stesso alla ricerca di  qualcosa. E qualcuno di loro, forse, in quegli interminabili 1300 km, sarà riuscito a trovare le risposte che cercava.

In 3900 hanno concluso la Paris Brest Paris entro il tempo massimo di 90 ore. Per qualcuno potrebbero essere eroi moderni per il sapore un po’ antico della loro impresa, per molti sono sicuramente dei pazzi scatenati, io credo che tutti loro si sentano solo onesti faticatori delle due ruote o, meglio, randonneurs. Il “doc”, oggi, glielo aggiungiamo noi, se lo sono guadagnati su quelle strade.

Bonne route a tutti!!!

Approposito dell'autore: Federico Martinet

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